Irene Nemirovsky può essere paragonata ad un binomio tra mistero e certezza: è un mistero perché è inspiegabile come una donna trentanovenne, morta in un campo di concentramento, possa aver saputo conoscere e scandagliare l’animo umano; è una certezza poiché non riesce mai a deludere le aspettative dei suoi lettori. Ciò che scrive è profondo e sublime, descrive perfettamente le miserie dell’umanità, facendo riflettere sui valori della vita.
Questo libro trae ispirazione dalla vita dell’autrice, che aveva avuto un’infanzia complessa dovuto al rapporto con la madre-bambina, e la quale si era riscattata con la maternità. Il libro racconta le vicende di una figlia, Helene, che subisce il rapporto conflittuale con la madre, la quale pare essere una madre assente, distratta ,concentrata su se stessa e verso la quale la figlia impone la sua vendetta, che svilupperà infine, un profondo senso di solitudine.
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